Oggi, primo lunedì d’estate, le scuole hanno chiuso i battenti e si sono aperti i portelloni delle auto.
Una scena mi accompagna da stamattina: un ragazzo, dodici o tredici anni, con due trolley, cammina dietro tre adulti. I nonni, già dal passo lento solo al pensiero della preoccupazione per ciò che li aspetta e, davanti a tutti, la madre. Una corsa più che un passo, il suo — come se volesse lasciarsi presto alle spalle quel momento. Non un abbraccio, non una parola. Solo la fretta di ripartire.
Il ragazzo, invece, resta indietro. Trascina le valigie con la punta delle dita e con il peso nel cuore. Si capisce che quella casa la lascia ma non del tutto per scelta. Va “in vacanza dai nonni”, come si dice, ma la sua non è libertà: è un allontanamento programmato, un’estate organizzata. Forse centro estivo, forse un altro spostamento dopo.
Mi chiedo quanto spazio hanno oggi i ragazzi per stare fermi, per sentirsi a casa, per vivere il tempo lento?
Non tempo da riempire, ma da abitare. Non solo tempo vuoto, ma tempo loro.
Una stanza dove restare, una tenda mentale dove isolarsi, ascoltarsi, annoiarsi persino. Dove non serve dire niente. Solo essere. Dove possano vivere la libertà di svegliarsi tardi, di fare colazione come e quando gli va, di incontrare a casa gli amici anch’essi liberi, di dedicarsi finalmente a quei regali che in abbondanza riceve a Natale e che non ha mai il tempo di sperimentare e dove, questa libertà diventi una novità di cui godere. Non ho la soluzione per le scuole che sono chiuse e i genitori che contemporaneamente lavorano; non so quale sia il “parcheggio” migliore per i nostri ragazzi ma almeno, questa riflessione può avere l funzione di rispettare di più — e non solo d’estate — gli spazi dei nostri ragazzi lasciando loro le occasioni per esprimersi in libertà a iniziare dai tempi liberi del we, per esempio, da quelli delle festività durante tutto l’anno in cui i genitori diventano più stressati del solito…
L’estate per tanti ragazzi è un’altra forma di orario scolastico, solo più colorato. Ma il bisogno di radici, di luoghi familiari, di adulti presenti senza fretta… resta.
Oggi ho visto un ragazzo partire. E ho pensato che forse non tutti i bagagli dell’estate si portano con le ruote.