Piccolo perfezionista cresce…

Il risultato perfetto non c’è, né esiste la persona perfetta, né ho mai trovato una soluzione perfetta. Se vuoi ottenere la perfezione, finisci per correre invano, sei spesso sfuggente e alla continua ricerca senza accontentarti mai proprio perché insegui un risultato che non esiste. Se cerchi continuamente la perfezione rischi l’ansia e crei ansia a chi ti sta intorno.

Molti manager alimentano le proprie relazioni con i collaboratori, nonostante tutte le attuali teorie sulla corresponsabilità, spingendo a fare di più e meglio, mostrando continuamente insoddisfazione per i loro risultati (anche perché, secondo loro, un riconoscimento farebbe avanzare ulteriori richieste da parte dei dipendenti); oppure, pensiamo a genitori mai contenti dei propri figli; o coniugi che evidenziano solo limiti e difetti del proprio partner…  Le motivazioni che spingono a tali comportamenti, sono davvero tante e non e magari ne parleremo in altre occasioni.

Ciò che mi preme raccontare è che la continua insoddisfazione su cui il perfezionista basa le sue richieste, alimenta nel destinatario un senso di costante demotivazione a sperimentare, misurarsi, tendere all’eccellenza. E ciò accade in ogni ambito: dal lavoro al personale, agli affetti. Chi vive accanto ad un perfezionista, si sente continuamente sminuito, svalutato e si ripete: ”Ciò che faccio, non ti basta mai!” e, di conseguenza: “non faccio nulla più del dovuto; tanto, per te, è tutto inutile!”.

Con il tempo, si rischia di lasciarsi andare e di non tendere più al miglioramento. Nelle varie relazioni, se ciò che manifesti è l’insoddisfazione per ciò che il compagno, il figlio, la collega realizza, rischi di spingere verso l’astuzia, le bugie, ad aggirare gli ostacoli, a cercare alibi giustificativi agli insuccessi.

Chi si sente giudicato, può coltivare l’idea che i fallimenti derivano sempre dagli altri, si tirano fuori dalla competizione e abbandonano l’obiettivo senza ulteriori tentativi (i cosiddetti rinunciatari). Prova, invece di aspettarti la perfezione, a ottenere da te e dagli altri il miglioramento, alimentando la tensione all’eccellenza, lanciando le tue potenzialità verso un percorso di qualità superiore, sia nei risultati concreti che nelle relazioni. Parti da ciò che sei e misura di volta in volta i tuoi progressi senza costituirti un modello di perfezione ma uno di miglioramento realistico che parte da dove sei e mira a spostare in avanti i risultati successivi.

Riconosciti capace, interessato ed abile nel miglioramento, non piangerti addosso. A volte, un obiettivo impossibile, ti serve per crearti l’alibi di non fare (“tanto non ci riuscirei comunque!”); invece tenta, sperimenta, abbi fiducia in te e nelle potenzialità degli altri. Impegnati a scoprire i punti forti di una relazione e fai leva su di essi; parti da lì e non da ciò che manca e dai forza al tuo futuro. In parte, dipende da te.

E la felicità non deriva dalla corsa alla perfezione che, al contrario, può condurti all’insoddisfazione costante; la felicità sta nel fare, sapersi guardare intorno e dire: “ce l’abbiamo fatta!”. La felicità sta nel riconoscere il bello in ciò che altri non riescono a vedere e a fare in modo che lo scoprano. La felicità non sta esclusivamente nell’ottenere ciò che volevi (che è sacrosanto) ma sta anche nel saper reagire rialzandoti dopo l’abbattimento per una sconfitta. Rialzati e saprai che da quel momento, si apre un percorso in cui dovrai tentare altro.

La bontà di un risultato vuol dire ritrovarti più coraggiosa di prima, più fiduciosa, con più autostima, più convinta che la creatività ti farà, quando possibile, trovare strade alternative o creare sinergia nelle tue forze per affrontare il problema. Se ti fermi a guardare le responsabilità degli altri nella tua sconfitta, non raggiungi il miglioramento: probabilmente ti giustifichi e abbassi il livello della tua motivazione. Questa si, ti aiuta a vivere bene!

Fai sentire, nelle relazioni di qualunque tipo ed a qualunque età, che hai fiducia nelle possibilità di chi ti è vicino, che apprezzi il suo cimentarsi, i suoi tentativi; lascia che osi, che punti in alto senza i tuoi occhi giudicanti e controllori che si aspettano la perfezione; deve essere certa che se sbaglia, tu sarai consapevole delle sue possibilità e la incoraggerai ad alzarsi e a ripartire. Spesso, i genitori mi dicono:”ma io non le ho mai chiesto la perfezione. L’ho sempre lasciata libera di scegliere cosa fare…È lei che vuole essere perfetta”. Riflettiamo… rendiamoci conto su quante pretese è basato il nostro rapporto e su quante aspettative da prestazioni connotano la nostra relazione… Non serve dire ma, spesso, l’amore è vissuto come richiesta di perfezione e questo non è il viatico per la felicità.


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