Certe abitudini si insinuano piano. Non fanno rumore, non chiedono permesso. Ti accorgi solo dopo un po’ che hanno preso il comando. Come quella vocina che, al mattino, ci suggerisce di restare ancora cinque minuti a letto o quella mano automatica che apre lo smartphone appena svegli, prima ancora di sorridere al buongiorno!
Eppure, a volte, basta poco per rompere l’incantesimo.
Io, da qualche giorno, mi sono inventata un piccolo rito: una passeggiata presto, prima che la città si svegli del tutto. Niente di straordinario. Nessuna corsa, nessuna meta. Solo io, il cielo ancora pallido, il rumore dei miei passi e Pino Daniele negli auricolari.
All’inizio, la pigrizia tentava di farmi desistere. Ma ogni mattina che riesco a uscire, sento che sto facendo qualcosa di importante: sto scegliendo me, la mia presenza, il mio tempo.
Mi è venuto in mente un esperimento di cui ho letto di recente, quello dei topi di Universe 25, behavioral sink, espressione coniata dall’etologo John Bumpass Calhoun, statunitense. Cibo illimitato, zero pericoli, tutto perfetto. Eppure, nel giro di qualche generazione, i topi smisero di vivere davvero. Niente relazioni, niente desideri, niente senso. Solo un benessere apparente. Una gabbia dorata.
Noi non siamo topi. E possiamo scegliere.
Possiamo decidere ogni giorno di uscire da quella comodità che ci avvolge ma ci svuota. Possiamo fare qualcosa che ci rimette in contatto con ciò che ci muove dentro. Non servono imprese eroiche. A volte basta un piccolo gesto di “scomodità”: una telefonata rimandata, una strada diversa, una conversazione nuova, un quaderno aperto per scrivere due pensieri, una frase in ascensore anche solo per vedere se c’è risposta…
Io ho iniziato con una camminata. E tu?
E tu, da dove puoi cominciare oggi?
C’è sicuramente una cosa che potresti fare anche subito. Una cosa piccola, ma vera. Una cosa che ti fa sentire di nuovo in moto, vivo, presente. Anche quella telefonata rimandata sempre…
Sceglila. Falle spazio.
E poi raccontami com’è andata.